Aumentano le vittime civili di mine antipersona in Ucraina, Myanmar, Siria e Yemen

Il Landmine Monitor 2023 evidenzia un aumento dei finanziamenti per l’azione contro le mine

 

COMUNICATO STAMPA

 

(Roma, 14 novembre 2023) Viene presentato oggi a Ginevra la 25° edizione del Landmine Monitor, il rapporto annuale di monitoraggio a cura della International Campaign to Ban Landmines (ICBL-CMC), che fornisce una panoramica globale sulla situazione delle mine antipersona a livello internazionale e valuta le azioni della comunità internazionale per implementare il Trattato di Messa al Bando delle Mine Antipersona[1].

Il Monitor riporta un aumento di vittime dovuto al nuovo uso di mine antipersona nel 2022. Secondo i dati contenuti del rapporto 4.710 persone sono state ferite o uccise da mine antipersona o residuati bellici esplosivi (ERW) in 49 Stati e in altre due aree nell’anno di riferimento. I civili hanno rappresentato l’85 % delle vittime di mine terrestri e ERW registrate nel 2022, la metà delle quali bambini (1,171). Il maggior numero di vittime annuali è stato registrato in Siria (834) e in Ucraina (608). Nel contesto del conflitto in Ucraina, rispetto al 2021, il paese ha visto decuplicare il numero di vittime civili di mine antipersona e di ERW (58). Seguono Yemen (Stato Parte) e Myanmar (Stato non Parte) in cui si sono registrate rispettivamente più di 500 vittime.

Il Monitor riporta l’uso di questi ordigni banditi da parte di Myanmar e Russia durante il 2022 e nel primo semestre del 2023.

La Russia ha ampiamente usato mine antipersona in Ucraina sin dal febbraio 2022. Le autorità ucraine stanno indagando sulle circostanze dell’uso di mine antipersona da parte delle proprie forze armate dentro e intorno alla città di Izium, nell’”oblast” di Kharkiv, nel 2022, quando la città era sotto il controllo russo.

Secondo i dati del Landmine Monitor 2023 mine antipersona sono state impiegate da parte di gruppi armati non statali in: Colombia, India, Myanmar, Thailandia e Tunisia, nonché in otto Stati Parte nella regione del Sahel – Algeria, Benin, Burkina Faso, RDC, Mali, Niger, Nigeria e Togo.

Secondo il rapporto i paesi contaminati da mine antipersona sono 60 più altre aree. Di questi paesi 33 sono Stati Parte con obblighi di bonifica ai sensi dell’articolo 5 del Trattato per la messa al bando delle mine, mentre 22 sono Stati non Parte e altre cinque aree. Afghanistan, Bosnia ed Erzegovina (BiH), Cambogia, Croazia, Etiopia, Iraq, Turchia e Ucraina sono gli Stati con il più alto livello di contaminazione, avendo segnalato più di 100 km² di terreni contaminati nel 2022. In Ucraina, il conflitto in corso aumenta la contaminazione esistente.

Un totale di 30 Stati Parte ha riferito di aver eliminato tutte le aree minate dal proprio territorio da quando il Trattato per la messa al bando delle mine è entrato in vigore nel 1999.

Malgrado l’aumento delle vittime i servizi sanitari e di riabilitazione fisica per le vittime sono rimasti sottofinanziati. Il sostegno internazionale per l’assistenza alle vittime è stato pari a 37,6 milioni di dollari, un aumento del 47% rispetto al totale del 2021. Tuttavia, questo ha rappresentato solo il 5% del finanziamento totale per l’azione contro le mine. La metà di tutti gli aiuti alle vittime è stato assegnato a tre stati: Afghanistan, Siria e Yemen.

Il sostegno globale all’azione contro le mine è stato pari a 913,5 milioni di dollari, che rappresenta un aumento del 52% (314,5 milioni di dollari) rispetto al supporto fornito nel 2021. Da questa cifra 162,3 milioni di dollari sono stati destinati alle attività in Ucraina.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea, che rappresentano i due maggiori donatori, nel 2022 hanno aumentato significativamente i loro contributi annuali.

Gli Stati Parte con un minore inquinamento da mina non hanno ricevuto supporto finanziario. Dei 12 Stati Parte con meno di 5 km² di inquinamento, solo cinque, Colombia, Repubblica democratica del Congo (RDC), Palestina, Senegal e Somalia, hanno ricevuto finanziamenti per la bonifica nel 2022.

Lo scenario che ci restituisce oggi il Landmine Monitor 2023 non è dei più rassicuranti, siamo chiamati come società civile a fare in modo che la comunità internazionale si impegni nel tutelare il Trattato di messa al bando delle mine dai diversi attacchi che sta subendo tra nuovi usi di questi ordigni, paesi come l’Armenia che vengono aggiunti alla lista dei produttori,  e fondi non sufficienti per fare fronte alle numerose attività necessarie per restituire alle popolazioni che vivono nei paesi contaminati una vita sicura e dignitosa” dichiara Giuseppe Schiavello direttore della Campagna Italiana contro le mine “ ci uniamo alla richiesta espressa dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nella sua “Nuova agenda per la Pace” in cui esorta tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a lavorare per ottenere l’universalizzazione dei Trattati che proibiscono le armi inumane e indiscriminate, tra cui il Trattato di Messa al Bando delle Mine, strumenti unitamente alla Convenzione di Ginevra, necessari per salvare le vite delle popolazioni civili coinvolte nei conflitti” conclude Schiavello.

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Per interviste e informazioni

Giuseppe Schiavello 3404759230

g.schiavello@campagnamine.org

 

[1] Adottato il 18 settembre 1997, il Trattato per la messa al bando delle mine vieta l’uso, lo stoccaggio, la e il trasferimento di mine antipersona e richiede l’assistenza alle vittime, lo sminamento e la distruzione. Ad oggi il Trattato conta 164 Stati Parte, 33 Stati non firmatari ed 1 Stato firmatario (Isole Marshall). Gli ultimi paesi ad aderire sono stati Palestina e Sri Lanka nel 2017.

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