Nel mondo migliaia di persone muoiono o soffrono a causa degli ordigni esplosivi. Il 90% sono civili, donne, anziani e bambini..... qualcuno li chiama ''effetti collaterali''
(Roma 1° marzo 2023) si celebra oggi l’anniversario dell’entrata in vigore del Trattato di messa al bando delle mine antipersona, conosciuto anche come Convenzione di Ottawa, avvenuta in seguito alla ratifica del Trattato da parte di 40 Stati, il 1° marzo 1999, per porre fine agli effetti indiscriminati e disumani di queste armi che oltre a provocare la morte e atroci sofferenze a chi sopravvive, impediscono il ritorno in sicurezza dei profughi verso le loro case, sottraggono campi, pozzi e infrastrutture, rendendo difficile la ricostruzione e impedendo lo sviluppo anche dopo il conflitto.
24 anni fa in tutto il mondo il suono delle campane suonate a festa celebrò l’importante momento storico e
quanto questo significasse in termini di protezione di vite umane.
Il Trattato di messa al bando delle mine (1997) costituisce la cornice legale internazionale di riferimento per
impedire l’uso, la produzione, il commercio e lo stoccaggio di mine antipersona. Rappresenta uno dei trattati
sul disarmo umanitario con più adesioni, l’80% dei paesi ha infatti aderito (164 stati).
“Quest’anno celebriamo non solo il 24° anniversario dell’entrata in vigore del Trattato di Ottawa, strumento
fondamentale del disarmo umanitario, ma anche il 30° anniversario della Campagna Italiana contro le mine,
anni in cui ci siamo impegnati affinché il nostro paese riuscisse a compiere un percorso di trasformazione che
da produttore di mine (uno dei maggiori) lo portasse ad essere una realtà impegnata, apprezzata e
riconosciuta nell’ambito della Mine Action” dichiara Santina Bianchini Presidente della CICM “ quanto fin qui
raggiunto non è per noi solo motivo di celebrazione, ma rappresenta la base solida su cui costruire le azioni
per il futuro, per fare ancora di più e per riuscire a fare meglio. Abbiamo una guerra sul in Europa in cui si sta
facendo un ampio uso sia di mine che di munizioni cluster questo, come gli altri conflitti in corso, ci rimandano
l’importanza di lavorare per l’universalizzazione delle due Convenzioni di messa al bando sia di mine
(Convenzione di Ottawa) sia delle Munizioni Cluster (Convenzione sulle Munizioni Cluster) e supportare la loro
implementazione e l’adempimento degli obblighi che contengono da parte degli Stati Parte” conclude
Bianchini.
1 Il Trattato è stato adottato il 18 settembre 1997. L’Italia lo ha firmato il 3 dicembre 1997 ed ha ratificato il 23 aprile
1999.
Ad oggi i paesi inquinati da mine antipersona sono 60. Di questi 33 sono Stati Parte alla Convenzione di
Ottawa, 22 sono invece Stati che non hanno ancora aderito alla Convenzione ed altre 5 aree. Inoltre, ci sono
7 Stati Parte che devono fornire informazioni circa il sospetto o la verificata contaminazione da parte di mine
improvvisate: Burkina Faso, Cameroon, Filippine, Mali, Repubblica Centroafricana, Tunisia, e Venezuela.
“ Rinnoviamo fermamente la nostra condanna verso l’uso di mine e munizioni cluster, armi proibite a livello
internazionale per il loro devastante impatto sulla vita delle popolazioni civili, in qualunque circostanza e da
parte di qualunque attore e lo facciamo non solo con riferimento al conflitto in Ucraina, ma ricordando anche
gli altri paesi in cui è stato registrato l’uso di questi semi di morte come il Myanmar o quelli in cui gruppi
armati non statali hanno impiegato mine artigianali” dichiara Giuseppe Schiavello direttore di CICM “ In
particolare chiediamo all’Ucraina – essendo già parte della Convenzione di messa al bando delle mine- di
aderire alla Convenzione di Oslo e alla Russia di aderire ad entrambe e di iniziare da subito a rispettarne gli
obblighi ed auspichiamo che in Ucraina la guerra smetta di essere l’unico strumento di confronto e che si
verifichino presto le condizioni necessarie per promuovere forme di negoziazione diplomatiche” conclude
Schiavello.
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Per interviste
Giuseppe Schiavello 340/4759230
g.schiavello@campagnamine.org
A latere della Conferenza sulla sicurezza di Monaco ci Baviera, Il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg è intervenuto sulla richiesta dell’Ucraina di rifornimento di armi da parte dell’Alleanza. Tra le varie lo Kiev ha chiesto anche munizioni a grappoli e armi incendiarie al fosforo. A questa richiesta è stata netta l risposta di Stoltenberg che ha dichiarato all’emittente RTL/ntv: “ La NATO non promuove né fornisce questo tipo di armi. Forniamo artiglieria e altri tipi di armi, ma non bombe a grappolo”. Il Segretario ha poi affermato che l’Occidente non deve temere che l’aumento di forniture all’Ucraina possa portare ad un’escalation della guerra sottolineando come il più grande rischio per tutti è che Putin vinca questa guerra, in quanto ciò renderebbe il mondo più pericoloso e lo stesso Occidente più vulnerabile. La richiesta di munizioni a grappolo e armi incendiarie al fosforo era stata richiesta nella stessa conferenza di Monaco dal vice capo del governo ucraino Olexander Kubrakov. C’è da ricordare che l’uso di queste armi è a dir poco controverso, inoltre le munizioni a grappolo sono vietate da un trattato internazionale che né Ucraina né Russia hanno firmato. A tal proposito il Ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, ha dichiarato che la richiesta è legittima in quanto non essendo il suo Paese parte del trattato è libero di chiedere quella tipologia di armi, ritenendole importanti per continuare a resistere agli aggressori. Inoltre, sempre Kuleba, ha detto di avere le prove che la Russia stia usando munizioni a grappolo contro le popolazioni ucraine.
Nello specifico le munizioni a grappolo sono missili e bombe che scoppiano sul bersaglio rilasciando molti più piccoli ordigni esplosivi. Colpendo dunque indistintamente tutto quello che circonda l’obiettivo principale. Le munizioni al fosforo sono pericolosissime per le ustioni e gli avvelenamenti che possono causare. Sul tema è intervenuto anche il politico tedesco Anton Hofreiter del partito dei Verdi, che ha criticato la richiesta di tale armamento, ritenendo la richiesta totalmente sbagliata.
Josep Borrell annuncia lo stanziamento di 25 milioni di euro per il programma di sminamento nei territori ucraini.
Ucraina, la situazione del Paese a pochi giorni dal triste anniversario dell’inizio dell’invasione militare della Russia è molto preoccupante per quanto riguarda la presenza di mine antipersona.
Un passo importantissimo a tutela delle vite dei civili ucraini è il programma che lancerà l’Unione Europea per lo sminamento umanitario in Ucraina, per il quale sono stati stanziati 25 milioni di euro. A confermare il piano è stato il campo della politica estera dell’Unione Josep Borrell. Lo stesso Borrell ha definito l’intervento per lo sminamento “cruciale per salvare la vita della popolazione civile”. Come riportato dal sito asknews.it, il rappresentante per la politica estera dell’Unione ha pubblicato la notizia sui social media istituzionali.
Borrell ha comunicato l’apertura del programma al primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, durante il suo viaggio a Kiev. Lo stesso premier ha dichiarato su Telegram che l’avvio del programma è un fattore importante per la ripresa ucraina che consentirà alla popolazione di tornare alla vita normale.
In risposta a quanto pubblicato ieri da Human Rights Watch in merito alle raccomandazioni rivolte all’Ucraina di indagare sui suoi militari e di rinnovare il suo impegno verso il Trattato di messa al bando delle mine antipersona (qui trovate il testo completo), riportiamo integralmente il commento del Ministero degli Affari Esteri dell’Ucraina
Pubblicato il 31 gennaio 2023 alle 5:02 pm
L’AGGRESSIONE DELLA RUSSIA CONTRO L’UCRAINA
UCRAINA E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
L’Ucraina ha preso atto del rapporto dell’organizzazione non
governativa internazionale Human Rights Watch (HRW), che sarà adeguatamente
analizzato dalle istituzioni coinvolte dell’Ucraina.
L’Ucraina, esercitando il suo diritto all’autodifesa in
conformità con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, adempie
pienamente ai suoi obblighi internazionali in contesto di crimini di guerra,
crimini contro l’umanità e genocidio del popolo ucraino da parte degli
occupanti russi.
La Convenzione sulla proibizione dell’impiego, dello
stoccaggio, della produzione e del trasferimento di mine antipersona e sulla
loro distruzione (Convenzione di Ottawa) e la Convenzione sulla proibizione o
la restrizione dell’uso di tipi specifici di armi convenzionali che possono
essere considerate causa di lesioni eccessive o aventi un effetto
indiscriminato (CLC) sono importanti strumenti internazionali per vietare le
armi disumane come le mine antipersona.
Gli eventi dell’ultimo anno dimostrano che ora più che mai è
importante universalizzare questi meccanismi multilaterali nel campo del
disarmo e del controllo degli armamenti. Ci aspettiamo che HRW, insieme ai suoi
partner internazionali, organizzazioni non governative e all’intera comunità
mondiale, intensifichi gli sforzi in questa direzione, in particolare,
esercitando pressioni sulla Federazione Russa con l’obiettivo di porre
immediatamente fine alla guerra criminale contro l’Ucraina con il suo uso
dell’intera gamma di armi disumane e il ritorno della Russia in un contesto
legale internazionale.
Vi ricordiamo che, secondo la Convenzione di Ottawa,
l’Ucraina ha già distrutto 3 milioni di mine antipersona, in particolare scorte
di mine POM-3 estremamente pericolose. La Russia, dopo aver attaccato
l’Ucraina, ha usato e utilizza l’intera gamma di mine proibite, in particolare
le mine POM-3 “Medallion”, che sono particolarmente pericolose per i
civili.
La parte ucraina ha sempre mostrato apertura alla
cooperazione con le organizzazioni non governative internazionali, in
particolare, solo l’anno scorso si sono tenuti numerosi incontri con i
rappresentanti di HRW.
Ci aspettiamo inoltre che HRW sostenga attivamente l’Ucraina
nel consolidare gli sforzi internazionali per fornire assistenza al nostro
paese nel campo dell’azione contro le mine.
È stato pubblicato il nuovo rapporto di Human Rights Watch che esamina i danni ai civili causati dalle mine antipersona in Ucraina. Nel Rapporto sono presenti diverse raccomandazioni rivolte all’Ucraina. in primis si richiede di indagare sull’ apparente uso da parte dei suoi militari di migliaia di mine antipersona lanciate da razzi dentro e intorno alla città orientale di Izium quando le forze russe hanno occupato l’area nel 2022. La raccomandazione principale è quella di indagare sui suoi militari e di rinnovare il suo impegno verso il Trattato di messa al bando delle mine antipersona.
HRW, unitamente al Landmine Monitor e molti altri, ha riferito sull’uso da parte della Russia di mine antipersona in tutta l’Ucraina dall’inizio della guerra. Il nuovo rapporto invita nuovamente la Russia a smettere di usare queste armi e ad aderire senza indugio al Trattato per la messa al bando delle mine.
Ucraina: le mine terrestri, armi bandite, danneggiano i civili
L’Ucraina dovrebbe indagare sull’uso apparente da parte delle sue Forze armate; continua l’uso da parte della Russia
(Kiev, 31 gennaio 2023) – L’Ucraina dovrebbe indagare sull’apparente uso da parte dell’esercito di migliaia di mine antipersona lanciate da razzi dentro e intorno alla città orientale di Izium quando le forze russe hanno occupato l’area, ha dichiarato oggi Human Rights Watch (HRW)[1]
l’Organizzazione ha documentato numerosi casi in cui razzi che trasportavano mine antipersona PFM[2], chiamate anche “mine a farfalla” o “mine a petalo“, sono stati lanciati in aree occupate dai russi vicino alle strutture militari russe. L’Ucraina è uno Stato parte del Trattato per la messa al bando delle mine (1997), che vieta qualsiasi uso di mine antipersona.
Le forze russe sin dall’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina del 24 febbraio dellos corso anno, hanno utilizzato mine antipersona, comprese trappole esplosive attivate dalle vittime, in più aree in tutto il paese. Human Rights Watch ha precedentemente pubblicato tre rapporti che documentano l’uso da parte delle forze russe di mine antipersona in Ucraina nel corso del 2022.
“Le forze ucraine sembrano aver ampiamente utilizzato mine intorno all’area di Izium, causando vittime civili e creando un rischio continuo“, ha detto Steve Goose, direttore della divisione Armi di Human Rights Watch. “Le forze russe hanno ripetutamente usato mine antipersona e commesso atrocità in tutto il paese, ma questo non giustifica l’uso ucraino di queste armi proibite“.
Mentre la maggior parte dei
tipi di mine antipersona sono posizionate a mano, le mine antipersona PFM
utilizzate dentro e intorno a Izium vengono disseminate da aerei, razzi e
artiglieria, o quando vengono lanciate da veicoli specializzati. L’uso di
questi ordigni viola il diritto internazionale umanitario perché armi
indiscriminate non in grado di distinguere tra civili e combattenti. Le mine
presenti nel terreno provocano lo sfollamento, ostacolano la consegna degli
aiuti umanitari e impediscono le attività agricole.
L’esercito russo ha conquistato Izium e le aree circostanti il 1 ° aprile e ha
esercitato il pieno controllo in quella zona fino all’inizio di settembre,
quando le forze ucraine hanno iniziato una controffensiva. Durante la loro occupazione,
le forze russe hanno arbitrariamente detenuto, interrogato e torturato i
residenti, e sono stati riportati casi di civili uccisi e fatti scomparire con
la forza.
Dal 19 settembre al 9
ottobre Human Rights Watch ha
condotto ricerche nel distretto di Izium, intervistando[3]
oltre 100 persone, tra cui testimoni dell’uso delle mine, vittime delle mine
antipersona, primi soccorritori, medici e sminatori ucraini. Tutti gli
intervistati hanno detto di aver visto mine sul terreno, di conoscere qualcuno
che era stato ferito da una mina, o di essere stati avvertiti della loro
presenza durante l’occupazione russa di Izium.
Human Rights Watch ha documentato l’uso delle
mine PFM in nove diverse aree all’interno e intorno alla città di Izium e verificato
11 vittime civili da questi ordigni.
Gli operatori sanitari intervistati
hanno detto di aver curato quasi 50 civili, tra cui almeno cinque bambini, che
sono stati apparentemente feriti dalle mine antipersona nella zona durante o
dopo l’occupazione militare russa. Circa la metà delle lesioni ha comportato
amputazioni traumatiche del piede o della parte inferiore della gamba, lesioni
coerenti con le mine esplosive PFM. I ricercatori non sono stati in grado di
determinare se il personale militare russo sia stato ferito o ucciso in
attacchi missilistici che hanno disperso mine antipersona.
“Sono ovunque”, ha detto uno
sminatore ucraino, riferendosi alle mine PFM nella zona di Izium. Gli sminatori
hanno stimato che potrebbero volerci decenni per liberare l’area dalle mine e
da altri ordigni inesplosi.
Human Rights Watch saw physical evidence of PFM antipersonnel mine use in seven
of the nine areas in and around Izium. This includes unexploded mines, remnants
of mines, and the metal cassettes that carry the mines in rockets. In multiple
locations, researchers observed blast signatures that were consistent with the
amount of explosive contained in PFM antipersonnel mines. In the two other
areas, multiple witnesses said they had seen mines that matched the description
of PFM mines. Human Rights Watch ha visto prove fisiche dell’uso delle mine PFM
in sette delle nove aree all’interno e intorno a Izium. Ciò include mine
inesplose, resti di mine e cassette metalliche per trasportare le mine nei
razzi. In più località, i ricercatori hanno osservato residui di esplosione che
erano coerenti con la quantità di esplosivo contenuto nelle mine PFM. Nelle
altre due aree, diversi testimoni hanno detto di aver visto mine che
corrispondevano alla descrizione delle mine PFM.
In sei delle nove aree considerate, testimoni hanno descritto attacchi coerenti
con mine lanciate dall’artiglieria missilistica. In tre località nell’area di
Izium, HRW ha visto come il motore a razzo di un razzo di artiglieria della
serie Uragan, che può essere utilizzato per la dispersione delle mine, era
alloggiato nel terreno o aveva colpito un edificio in modo tale da indicare che
proveniva dalla direzione in cui le forze ucraine controllavano il territorio e
si trovavano entro la portata massima di 35 km di questi razzi, al momento
dell’attacco.
Le nove aree erano tutte vicine a dove le forze militari russe erano
posizionate in quel momento, suggerendo che queste fossero l’obiettivo. Le
forze russe si stavano ritirando da queste posizioni all’inizio di settembre,
ma testimoni hanno riferito che i due attacchi documentati da Human Rights
Watch il 9 e il 10 settembre si sono verificati quando le forze russe erano
ancora presenti in quelle aree.
Più di 100 residenti di Izium e dell’area circostante hanno riferito che le
forze russe o le autorità di occupazione hanno affisso e distribuito volantini
per avvertire del pericolo delle mine antipersona. Hanno anche rimosso le mine
dalle aree pubbliche e dalle proprietà private dei civili e hanno portato
alcune vittime delle mine in Russia per cure mediche – azioni incoerenti con
l’essere responsabili della posa delle mine. HRW ha intervistato due vittime
delle mine che hanno affermato che le forze russe le hanno trasferite in
elicottero militare in Russia per cure mediche.
Human Rights Watch ha
documentato l’uso da parte della Russia di altri tipi di mine antipersona in
Ucraina, ma non ha verificato le affermazioni delle forze russe che usano mine
PFM nel conflitto armato.
Il Trattato per la messa al bando delle mine del 1997 vieta completamente le
mine antiuomo e richiede la distruzione delle scorte, la bonifica delle aree
minate e l’assistenza alle vittime. L’Ucraina ha firmato il Trattato per la
messa al bando delle mine il 24 febbraio 1999 e lo ha ratificato il 27 dicembre
2005. La Russia non ha aderito al trattato, ma è ancora in violazione del
diritto internazionale quando utilizza mine antiuomo data la loro natura
intrinsecamente indiscriminata. Il Trattato
per la messa al bando delle mine è entrato in vigore il 1 ° marzo 1999 e i suoi
164 stati includono tutti gli stati membri della NATO, ad eccezione degli Stati
Uniti e tutti gli stati membri dell’Unione europea.
L’Ucraina ha ereditato
una consistente scorta di mine antipersona dopo la disgregazione dell’Unione
Sovietica. Tra il 1999 ed il 2020 ha distrutto oltre 3,4 milioni di mine antipersona,
comprese le mine PFM. Nel 2021, l’Ucraina ha riferito al segretario generale
delle Nazioni Unite che 3,3 milioni di mine PFM accumulate devono ancora essere
distrutte. Secondo i funzionari ucraini, l’unico tipo di mine antipersona
rimaste nelle scorte ucraine sono le mine PFM contenute nei razzi 9M27K3 da 220
mm. Human Rights Watch ha già documentato l’uso di mine antipersona in Ucraina
nel 2014 e nel 2015 da parte di gruppi armati sostenuti dalla Russia.
Ai sensi dell’art. 20 del
Trattato per la messa al bando delle mine, uno Stato parte impegnato in un
conflitto armato non è autorizzato a ritirarsi dal trattato prima della fine
del conflitto armato. Il Trattao inoltre non è soggetto a riserve.
Human
Rights Watch ha presentato una serie di domande sull’uso delle mine antiuomo
PFM all’interno e intorno a Izium al Ministero della Difesa e degli Affari
Esteri ucraino e all’Ufficio del Presidente il 3 novembre, e ha richiesto un
incontro. Human Rights Watch ha anche contattato diversi funzionari del governo
per facilitare un incontro.
Il 23
novembre, il Ministero della Difesa ha fornito una risposta scritta, affermando
che l’esercito rispetta i suoi obblighi internazionali, incluso il divieto
dell’uso di qualsiasi mine antipersona, ma senza affrontare nessuna delle
domande sull’uso delle mine PFM dentro e intorno a Izium, osservando che “le
informazioni sui tipi di armi utilizzate dall’Ucraina … non deve essere
commentato prima che la guerra finisca”.
Alla
20° riunione degli Stati Parte del Trattato per la messa al bando delle mine,
il 24 novembre 2022, l’Ucraina ha dichiarato di essere una “parte
responsabile” del trattato e di “non aver mai considerato”
l’utilizzo delle sue scorte di mine antipersona per scopi difensivi.
L’Ucraina dovrebbe impegnarsi nuovamente a rispettare i severi divieti del Trattato per la messa al bando delle mine, aprire un’indagine sul recente uso apparente di mine PFM, chiedere conto ai responsabili delle loro azioni e adottare misure per mettere in scurezza e distruggere le sue scorte di mine antipersona, ha dichiarato Human Rights Watch.
L’Ucraina dovrebbe
inoltre garantire che cercherà di identificare e assistere le vittime, anche
fornendo un risarcimento adeguato e tempestivo, cure mediche e altra
assistenza, come la fornitura di protesi, se del caso, e un sostegno continuo
alla riabilitazione, compreso il sostegno psicosociale.
La Russia dovrebbe
smettere di usare mine antipersona a causa della loro natura indiscriminata,
indagare sul loro uso da parte delle sue forze armate e aderire al Trattato per
la messa al bando delle mine, ha aggiunto Human Rights Watch.
“Qualsiasi uso di
mine antipersona è illegale e l’Ucraina dovrebbe indagare a fondo su ciò che è
accaduto e assicurarsi che le sue forze non le usino”, ha detto Goose.
“Le autorità dovrebbero anche garantire che venga fornita assistenza a
qualsiasi civile o alla loro famiglia che sia stato ferito o ucciso da queste
armi indiscriminate”.
[1]
Human Rights Watch ha co-fondato e presiede la Campagna internazionale per la
messa al bando delle mine antipersona (ICBL), ed è colaureata Premio Nobel per
la Pace nel 1997.
[2] Le
mine PFM sono piccole mine di plastica che vengono sparate in un’area,
atterrano sul terreno e detonano quando viene applicata pressione al corpo
della mina, ad esempio quando qualcuno la calpesta. La mina PFM può anche
esplodere quando viene maneggiata o spostata. Alcune mine PFM possono
autodistruggersi, esplodendo casualmente fino a 40 ore dopo essere state
utilizzate. Le mine antipersona esplodono per la presenza, la vicinanza o il
contatto di una persona e possono uccidere e ferire le persone molto tempo dopo
la fine dei conflitti armati.
[3]
Tutti i testimoni intervistati hanno descritto lo stesso tipo di mina. Alcuni
hanno descritto i colori, le caratteristiche fisiche e il modo in cui
funzionava. Molti degli intervistati hanno detto di aver visto mine sul terreno
e hanno mostrato ai ricercatori i resti fisici. Altri hanno identificato
un’immagine delle mine PFM dopo aver descritto ciò che avevano visto.
COMUNICATO STAMPA – (Roma, 9 gennaio 2023) In merito alle notizie di ritrovamento di mine italiane da parte dell’Ambasciata Russa a Roma la Campagna Italiana Contro le Mine parte della International Campaign to Ban Landmines (ICBL-CMC) vuole ricordare, come già fatto dai i Ministeri preposti, che l’Italia – a differenza della Russia- è parte della Convezione di Ottawa per la Messa al Bando delle mine antipersona ed è arrivata alla firma di questa Convenzione con una legge nazionale la n°374/97 – tra le più restrittive al mondo- già approvata.
“ Credo davvero che la Federazione Russa attraverso i suoi diplomatici si sia avviata ad un’altra brutta figura in termini di credibilità- dichiara Giuseppe Schiavello direttore della Campagna Italiana Contro le Mine – l’Italia non commercia in mine e da circa 25 anni è comprovatamente e riconosciutamente uno dei Paesi più impegnati al mondo nella “Mine Action” che, in ambito di cooperazione va dalla bonifica umanitaria, all’assistenza alle vittime , al reinserimento socio economico dei sopravvissuti, all’educazione al rischio mine oltre che all’universalizzazione del Trattato di messa al bando delle mine antipersona e della Convenzione sulle Munizioni Cluster. Il nostro paese può vantare leggi di civiltà e profilo umanitario da cui la Federazione Russa – se fosse sinceramente interessata agli argomenti- potrebbe trarre profonda ispirazione e ravvedersirispetto all’uso di mine antipersona, trappole esplosive e cluster bombs.” Conclude Schiavello
Suscita molta perplessità che le mine non siano state fotografate sui luoghi di ritrovamento, disinnescate lavate ed esposte. Sarebbe anche utile per la Federazione Russia sapere che la mina indicata da loro come TS50 era una mina con brevetto Tecnovar che, negli anni 90 era prodotta con la sigla T 79 in Egitto. La Tecnovar ha chiuso nel 1998.
La convenzione di Ottawa prevede la distruzione degli stock cosa che l’Italia ha completato anni prima delle scadenze dettate dagli obblighi della Convenzione.
Diverso è capire e raccontare che mine risalenti agli anni 80 possono essere ancora custodite in arsenali per anni– per questo motivo le convenzioni ne prevedono l’obbligo di distruzione da parte dei paesi aderenti. Anche a Palmira – Siria- furono trovate mine saccheggiate in arsenali Libici rimasti alla mercé di forze irregolari o mercenari. Anche in quell’occasione i soldati russi denunciarono la manifattura italiana russa, cinese e statunitense come rilanciò la testata on line today.it riferendosi ad un articolo comparso sul Il Giornale ( https://www.today.it/mondo/mine-italiane-isis-palmira.html ) in quell’occasione non parlò di vendita a Daesh.
La Campagna Italiana invita, nell’interesse delle popolazioni civili a porre fine al conflitto, fermando immediatamente l’uso di mine e cluster bombs contro i civili e chiede alla Federazione Russa di aderire alla Convenzione di Ottawa per la messa al Bando delle Mine Antipersona e alla Convenzione di Oslo per la messa al bando delle Cluster Bombs, osservandone da subito gli obblighi.
APPROFONDIMENTI
l Trattato sulla messa al bando delle mine del 1997 proibisce in modo completo tutti i tipi di ordigni esplosivi attivati dalle vittime, indipendentemente dalle caratteristiche tecniche e dalla durata prevista della mina, dal metodo di consegna o dal tipo di fabbricazione (improvvisata o di fabbrica).
L’Ucraina ha firmato il Trattato sulla messa al bando delle mine il 24 febbraio 1999 ed è diventata uno Stato parte il 1° giugno 2006.
Le forze russe hanno utilizzato almeno sette tipi di mine antiuomo in almeno quattro regioni dell’Ucraina: Donetsk, Charkiv, Kiev e Sumy. Si tratta di una situazione insolita in cui un Paese che non è parte del Trattato sulla messa al bando delle mine del 1997 utilizza l’arma sul territorio di una parte del Trattato.[1]
Non ci sono informazioni credibili sul fatto che le forze governative ucraine abbiano utilizzato mine antipersona in violazione del Trattato sulla messa al bando delle mine dal 2014 e fino al 2022.
Sia le forze russe che quelle ucraine hanno fatto ampio uso di mine anticarro in almeno sei regioni: Donetsk, Chernihiv, Charkiv, Kiev, Odesa, Sumy e Zaporizhzhia. Le mine anticarro della serie TM-62, posizionate a mano, sembrano essere il tipo più frequentemente utilizzato.
Sono stati documentati tutti i tipi di metodi di lancio delle mine: a mano, meccanicamente e a distanza. Diverse mine nuove, mai viste prima, hanno fatto il loro debutto in combattimento nel conflitto armato, comprese alcune prodotte fino al 2021
Le forze russe hanno anche piazzato molte trappole esplosive attivate dalle vittime mentre si ritiravano dalle posizioni assunte durante la fase iniziale dell’invasione. Le trappole esplosive possono funzionare come mine antipersona quando la spoletta utilizzata viene attivata involontariamente da una persona.
Nel conflitto in Ucraina sono state registrate vittime di mine e l’impatto del nuovo uso delle mine può essere visto anche nella negazione dell’accesso alle abitazioni civili, alle infrastrutture, alle vie di trasporto e ai terreni agricoli. Le prove indicano che la produzione agricola è influenzata dall’uso delle mine nei campi e sui sentieri e le strade rurali.
La Russia non ha aderito al trattato, ma è vincolata dai divieti e dalle restrizioni su mine, trappole esplosive e altri dispositivi previsti dal Protocollo II modificato della Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali (CCW), nonché dal Protocollo I delle Convenzioni di Ginevra e dal diritto internazionale umanitario consuetudinario. La Bielorussia, che sostiene l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha aderito al Trattato sulla messa al bando delle mine il 3 settembre 2003 ed è diventata uno Stato parte il 1° marzo 2004.*
Divieti che la Russia abbia sistematicamente ignorato Per dettagliate informazioni *
https://www.hrw.org/news/2022/06/15/background-briefing-landmine-use-ukraine ——————————————– Per interviste: Giuseppe Schiavello 340/4759230
Dublino, 18 novembre 2022. L’Italia è tra gli oltre 80 i paesi che oggi hanno aderito alla Dichiarazione politica internazionale “per rafforzare la protezione dei civili dalle conseguenze umanitarie derivanti dall’uso delle armi esplosive nelle aree popolate”, durante la Conferenza intergovernativa sulle armi esplosive organizzata dall’Irlanda.
“Il governo italiano attribuisce grande valore a questo processo, che si inserisce nel solco dell’impegno del nostro paese a sostegno dei diritti dell’uomo e del protezione dei civili nei conflitti, così come di una più compiuta attuazione del diritto internazionale umanitario” ha dichiarato Maria Tripodi, Sottosegretaria per gli Affari Esteri “[la Dichiarazione] include nel suo ambito di applicazione una nozione estesa del concetto di protezione dei civili, non limitata alla mera ricognizione degli effetti diretti e immediati derivanti dall’uso di armi esplosive, bensì tale da considerare i danni che nel medio-lungo termine compromettono tanto il diritto dei singoli ad un’esistenza libera e dignitosa, quanto beni di natura collettiva, come la salute, l’educazione, uno sviluppo equo e sostenibile”
L’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (ANVCG), Campagna Italiana contro le Mine e Rete Italiana Pace e Disarmo, che hanno rilanciato in Italia l’iniziativa internazionale sulle armi esplosive con lo slogan “Stop alle bombe sui civili”, esprimono soddisfazione per la firma del nostro paese.
Rilanciando l’invito della coalizione internazionale INEW sulle armi esplosive a impegnarsi per l’universalizzazione e implementazione della Dichiarazione, le organizzazioni del coordinamento italiano auspicano che l’Italia si impegni in questa direzione con coraggio e determinazione al fine di rendere il documento realmente efficace nell’alleviare le sofferenze dei civili causate dalle armi esplosive nelle aree popolate.
Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Tel. 3382783904 – Email: sara.gorelli@anvcg.it www.anvcg.it/stopexplosiveweapons
Scheda sulla violenza esplosiva 2011-2021
Quando le armi esplosive sono usate nelle aree popolate (zone urbane), il 91% delle vittime appartiene alla popolazione civile. La percentuale scende al 25% quando le armi esplosive sono usate al di fuori delle zone urbane
In totale i civili uccisi e feriti nelle aree popolate in oltre dieci anni sono stati 238.892
Nel decennio 2011-2021 paesi dove si sono verificati più casi di uso di armi esplosive ai danni dei civili sono stati Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Yemen
INEW è una coalizione internazionale di organizzazioni della società civile di tutto il mondo impegnate nella protezione dei civili dalle conseguenze umanitarie derivanti dall’impiego delle armi esplosive nelle aree densamente popolate, secondo i principi di protezione basati sulle Convenzioni di Ginevra
Il processo diplomatico per il testo della Dichiarazione internazionale è iniziato nel 2019 a Ginevra, ed è stato guidato prima dall’Austria e poi dall’Irlanda.
COMUNICATO STAMPA –(Roma, 17 novembre 2022) La Campagna internazionale per la messa al bando delle mine (ICBL) lancia oggi il suo rapporto annuale, Landmine Monitor 2022 (1), in vista della ventesima riunione degli Stati Parte del Trattato sulla messa al bando delle mine(2), che si terrà dal 21 al 25 novembre presso le Nazioni Unite a Ginevra.
Secondo il rapporto, giunto alla ventiquattresima edizione, venticinque anni dopo la sua creazione, il Trattato per la messa al bando delle mine antipersona rimane uno dei trattati di disarmo più ampiamente ratificati, ma l’elevato numero di vittime civili e il nuovo uso delle mine in Ucraina e Myanmar mostrano le sfide che devono essere superate per raggiungere un mondo libero dalle mine.
Le mine antipersona continuano a uccidere e ferire civili, distruggere mezzi di sussistenza, impedire l’uso del suolo e interrompere l’accesso ai servizi essenziali in oltre 60 paesi e territori. Le crisi globali, come la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze, e i conflitti armati, combinati con una riduzione dei bilanci per gli aiuti umanitari, stanno ulteriormente esacerbando gli ostacoli nel mantenere le promesse del Trattato.
Il numero delle vittime di mine e altri residuati bellici esplosivi (ERW) è stato inquietantemente alto negli ultimi sette anni. Almeno 5.544 persone sono rimaste ferite o uccise nel 2021. I civili rappresentano la maggior parte delle vittime registrate, metà delle quali sono bambini.
La maggior parte delle vittime si è verificata in paesi contaminati da mine di natura improvvisata colpiti da conflitti. Nell’anno precedente, mine antipersona e ERW hanno causato vittime e feriti in 50 stati e in altre aree. La Siria, non firmataria del Trattato di messa al bano, ha registrato il maggior numero di vittime annuali (1.227), seguita dallo Stato Parte Afghanistan (1.074).
I casi di nuovo uso di quest’arma bandita a livello internazionale, rappresenta una delle maggiori sfide alla norma contro le mine antipersona. Il rapporto documenta il nuovo utilizzo da parte di due stati non parte del Trattato, Myanmar e Russia, nonché da parte di gruppi armati non statali (NSAG) in almeno cinque paesi.
Il Landmine Monitor 2022 riporta un aumento di cinque volte il numero di vittime civili di mine/ERW registrate in Ucraina durante i primi nove mesi del 2022 rispetto al 2021 (277 vittime civili rispetto a 58). La Russia ha utilizzato almeno sette tipi di mine antipersona da quando ha invaso il paese il 24 febbraio scorso. Si tratta di una situazione senza precedenti, in cui un paese che non è parte del trattato utilizza l’arma sul territorio di uno Stato Parte.
Il rapporto documenta anche un nuovo ed esteso uso dell’arma indiscriminata da parte delle forze governative in Myanmar, in particolare intorno a infrastrutture come torri di telefonia mobile, imprese estrattive e oleodotti.
Mentre 30 Stati Parte hanno completato i loro obblighi di sminamento dall’entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle mine nel 1999, solo due dei 33 Stati Parte rimanenti interessati sembrano essere sulla buona strada per rispettare le scadenze di sminamento previste dal Trattato. I ritardi sistematici nella bonifica, o la sua totale mancanza, rappresentano una grave minaccia per la protezione duratura dei civili dalle mine antiuomo. L’azione collettiva da parte degli Stati è necessaria per invertire questa tendenza e prevenire un ulteriore deterioramento della situazione, rileva il rapporto.
Un’altra battuta d’arresto preoccupante è rappresentata, nonostante le crescenti esigenze e gli alti tassi di vittime negli utlimi anni, dalla riduzione dei finanziamenti destinati all’assistenza alle vittime. Secondo il rapporto, l’anno 2021 ha visto il livello più basso di finanziamenti al settore dal 2016 (25,6 milioni di dollari) con 27 Stati Parte con un numero significativo di sopravvissuti che non hanno ricevuto alcun finanziamento diretto per l’Assistenza alle Vittime. Il trattato ha stabilito un modello prezioso per rimediare ai danni causati dalle mine terrestri, ma resta ancora molto da fare per garantire un sostegno adeguato ai sopravvissuti e alle comunità colpite per tutta la vita.
“Considerando l’impegno del nostro Paese in questo settore di intervento umanitario e il suo ruolo di leadership basato sull’esempio siamo certi che l’Italia vorrà continuare a sostenere le attività di Mine Action assicurando gli stanziamenti del Fondo 58/01 che opera da ben 21 anni sui binari dettati dalle Convezioni di Ottawa e Oslo, valorizzando anche l’expertise dell’esercito italiano per la formazione allabonifica umanitaria” “ma anche– continua Schiavello- ponendo attenzione all’assistenza alle vittime che ricadono nel quadro di grande attenzione che la nostra cooperazione riserva ai diritti delle persone con disabilità e- ultimo ma non meno importante- all’universalizzazione delle due Convenzioni”
1- Landmine Monitor 2022 fornisce una panoramica globale degli sforzi per aderire e attuare il divieto delle mine antipersona, garantire la bonifica delle aree contaminate, fornire educazione al rischio, assistere le vittime di queste armi indiscriminate e sostenere le attività di azione contro le mine. Il Report si concentra sull’anno 2021 con informazioni incluse fino a ottobre 2022, ove possibile.
2- L’anno 2022 segna 25 anni da quando il Trattato per la messa al bando delle mine è stato adottato e aperto alla firma. Il trattato è entrato in vigore il 1° marzo 1999. Da allora, ha fornito un forte quadro internazionale per l’eliminazione di queste armi e ha contribuito a risultati notevoli nella protezione di vite e mezzi di sussistenza. Attualmente sono 164 Stati Parte del trattato oltre a un firmatario – le Isole Marshall – che deve ancora ratificarlo.
Dublino, 18 novembre 2022 – Parte a Dublino la conferenza internazionale per l’adozione della Dichiarazione politica internazionale sulle armi esplosive nelle aree popolate, organizzata per il 18 novembre. Gli Stati saranno chiamati ad assumersi ufficialmente degli impegni per garantire maggiore protezione dei civili nei conflitti armati, limitando l’uso di queste armi.
È la prima volta in assoluto che tra gli Stati trovano un’intesa sull’impiego delle armi esplosive nelle guerre per scongiurare i danni umanitari derivanti dal loro impiego nelle zone densamente abitate. Al momento più di 60 Stati hanno deciso di aderire e saranno presenti a Dublino per firmare questo storico documento.
La Dichiarazione impegna gli Stati su cinque fronti: riconoscimento ufficiale del danno umanitario causato dalle armi esplosive; rafforzamento e implementazione dei principi di protezione stabiliti dal vigente diritto internazionale umanitario; restrizioni e limitazioni di uso nelle aree urbane delle armi esplosive; riconoscimento del danno alle vittime e impegno per la loro assistenza; raccolta e scambio di dati sull’uso di queste armi da parte degli Stati.
Il 17 novembre, sempre a Dublino, si riuniranno invece le organizzazioni della società civile di tutto il mondo afferenti alla rete internazionale sulle armi esplosive INEW, per discutere di una strategia globale per promuovere gli impegni contenuti nella Dichiarazione.
In Italia l’iniziativa internazionale sulle armi esplosive prende il nome di “Stop alle bombe sui civili” e ne sono partner Campagna Italiana contro le Mine, Rete Italiana Pace e Disarmo e l’Associazione Nazionale Vittime Civile di Guerra (ANVCG), a cui ne è stato affidato il coordinamento su territorio nazionale. Circa 300 comuni ANCI hanno manifestato sostegno all’iniziativa nel corso del 2022.
A seguire la due giorni di lavori saranno la coordinatrice Sara Gorelli dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra e Francesco Vignarca, di Rete Italiana Pace e Disarmo.
Quando le armi esplosive sono usate nelle aree popolate (zone urbane), il 91% delle vittime appartiene alla popolazione civile. La percentuale scende al 25% quando le armi esplosive sono usate al di fuori delle zone urbane
In totale i civili uccisi e feriti nelle aree popolate in oltre dieci anni (2011-2021) sono stati 238.892. Il dato è ricavato monitorando solo i media di lingua inglese e non tiene conto dei media in lingua locale
L’impatto umanitario delle armi esplosive è considerato uno schema di danno ben riconoscibile, con conseguenze dirette sulla vita degli individui e indirette nel breve e lungo periodo sulla vita delle comunità (i cosiddetti “effetti riverberanti”)
Nel 2021 i paesi dove si sono verificati più casi di uso di armi esplosive ai danni dei civili sono stati Afghanistan, Siria, Gaza e Iraq, cioè stati in cui si combattono da lungo tempo alcune delle guerre più sanguinose al mondo
Finora 112 paesi in tutto il mondo hanno riconosciuto pubblicamente il danno umanitario derivante dalle armi esplosive, ma poco più della metà, per il momento, ha deciso di impegnarsi concretamente per alleviarne l’impatto firmando la Dichiarazione.
La dichiarazione politica internazionale è stata promossa dalla rete internazionale sulle armi esplosive INEW. Per saperne di più consultare: www.inew.org
Il testo in italiano della Dichiarazione politica internazionale è consultabile all’indirizzo: www.anvcg.it/stoparmiesplosive
La Campagna INEW (International Network on Explosive Weapons) è una rete di ONG che aderisce all’appello promosso dalla società civile sull’uso di armi esplosive in contesti popolati, decidendo di lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi di protezione della popolazione civile nei conflitti
I membri di INEW si impegnano nella ricerca, nella politica e nell’advocacy per promuovere una maggiore comprensione dei problemi che derivano dall’uso di armi esplosive nelle aree popolate (Explosive Weapons in Populated Areas – EWIPA) e delle misure concrete che possono essere adottate per affrontarli. Le organizzazioni affiliate ad INEW sviluppano partenariati per migliorare le politiche governative e le pratiche operative a livello nazionale e collaborano per sviluppare standard più severi a livello internazionale.
Molte organizzazioni affiliate ad INEW lavorano nei Paesi colpiti dalla violenza esplosiva, fornendo assistenza allo sviluppo, documentando l’impatto della violenza, assistendo le vittime delle armi esplosive e bonificando mine, ordigni inesplosi e ordigni esplosivi improvvisati.
Il nostro appello
L’adesione all’INEW si basa sull’approvazione di quanto segue. La Rete Internazionale sulle Armi Esplosive INEW chiede un’azione immediata per prevenire le sofferenze umane dovute all’uso di armi esplosive in aree popolate. Gli Stati e gli altri attori dovrebbero:
Riconoscere che l’uso di armi esplosive in aree popolate tende a causare gravi danni a individui e comunità e ad aumentare la sofferenza danneggiando infrastrutture vitali
Sforzarsi di evitare tali danni e sofferenze in qualsiasi situazione, rivedere e rafforzare le politiche e le pratiche nazionali sull’uso di armi esplosive e raccogliere e rendere disponibili i dati pertinenti
Lavorare per la piena realizzazione dei diritti delle vittime e dei sopravvissuti
Sviluppare standard internazionali più severi, compresi alcuni divieti e restrizioni sull’uso di armi esplosive nelle aree popolate.
Nello sviluppo di questi standard, gli Stati e gli altri attori dovrebbero impegnarsi affinché le armi esplosive con effetti ad ampio raggio non vengano utilizzate nelle aree popolate.